ANNO 14 n° 119
Livingstone in salotto Potere all'amore
>>>> di Massimiliano Capo <<<<
13/04/2015 - 03:30

di Massimiliano Capo

VITERBO - Un po’ come quando torni da un lungo viaggio, oggi ho rimesso i piedi a terra dopo aver volato, forza delle rete, ai quattro angoli della nostra penisola con un paio di tappe anche all’estero.

Archiviata la sesta edizione di Medioera, si comincia a lavorare sulle prossime scadenze.

A breve e a brevissimo giro.

Cosa ho imparato da questi quattro giorni densi di impegni e di ospiti, di storie e di esperienze?

Ho imparato l’assoluta capacità che hanno le connessioni di espandere i confini della nostra coscienza e delle nostre conoscenze.

Ho imparato il potere incredibile delle relazioni.
Ho imparato come lo sprigionarsi di energie positive arricchisca più della somma delle singole parti.

Lo dicevano Pierre Levy, Kevin Kelly e tanti altri che hanno studiato la rete e le sue molteplici forme.
Si sono impegnati a ricostruirne la struttura che schemi, mappe, infografiche e altre diavolerie al sapore di scienza.
Si sono impegnati a riflettere sul dove siamo arrivati.
Su quanto siamo cambiati mentre il mondo intorno a noi cambiava e ancora sta cambiando.

Ho imparato l’importanza delle storie.
L’impressionante capacità che abbiamo di lasciarci trasportare dalla forza magica delle parole.
Le parole, la parola: quella di Dio che da vita agli uomini e alle cose nominandoli.

Dando agli uomini la parola e alle cose la forza di incarnarla.
E poi capita anche di innamorarsi.
E anche in questo caso è tutto un gioco di parole.
E capita anche, innamorandosi, di scoprirsi due rette parallele.
E due rette parallele, ci insegnavano alle medie, si incontrano all’infinito.
Quando ormai, aggiungeva Marcello Marchesi, non gliene frega più niente.

Perché capita di perdersi e ritrovarsi e poi perdersi di nuovo perché a mancare, a tornare e a mancare di nuovo sono le parole per dirselo quell’amore grande più del cielo.
Le parole, la parola.

“Oltre al significato grammaticale del linguaggio, ce n’è un altro, un significato magico, che è l’unico che ci interessa. Il poeta crea, fuori dal mondo esistente, il mondo che dovrebbe esistere. Il valore del linguaggio della poesia dipende direttamente dalla sua lontananza dal linguaggio parlato. Il linguaggio si trasforma in un cerimoniale di esorcismo e si presenta nel lucore della sua iniziale nudità, aliena da ogni abito convenzionale previamente stabilito. La poesia non è altro che l’ultimo orizzonte, che, a sua volta, è il crinale in cui gli estremi di toccano, dove non esiste né contraddizione né dubbio.

Quando si arriva a questo limite estremo, l’abituale concatenamento dei fenomeni spezza la sua logica e, all’altro capo, dove iniziano i territori del poeta, la catena si ricostituisce in una logica nuova. Il poeta ci tende la mano per condurci oltre l’ultimo orizzonte, oltre la cima della piramide, in quella terra che si estende oltre il vero e il falso, oltre la vita e la morte, oltre lo spazio e il tempo, oltre la ragione e la fantasia, oltre lo spirito e la materia. Nella sua voce c’è un incendio inestinguibile”.
Così Vicente Huidobro, poeta cileno, in una conferenza a Madrid.

Le parole, la parola.
E l’azione.

Jodorowsky racconta che un giorno insieme a Enrique Lihn (anche lui poeta cileno), dopo aver letto una frase di Marinetti che recitava che ‘la poesia è azione’ decisero di vivere consegnandosi all’atto poetico e per cominciare provarono a camminare sempre in linea retta, senza mai deviare.

“Se durante una passeggiata ci imbattevamo in un albero, invece di girargli attorno ci arrampicavamo in cima per proseguire la conversazione. Di fronte a una casa, suonavamo il campanello, entravamo dalla porta principale e uscivamo da dove potevamo, a volte da una finestra. La cosa importante era camminare sempre in linea retta senza preoccuparsi degli ostacoli, agendo come se non esistessero.”

Ecco.

Se c’è una cosa che vorrei, vorrei avere la capacità di condurre la mia vita in linea retta.

E quell’intrico di linee rette che ci ritroviamo a comporre nel nostro incessante camminare lo vorrei veder volare, quasi fosse un aquilone, sopra i tetti della tua città, così, giusto per farti innamorare.

Buon lunedì.





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